Una preparazione scientifica e competenze sicuramente più articolat.

Niente di tutto questo! Lo psicologo dello sport è un laureato in Psicologia ed è abilitato all’uso di tecniche e pratiche della psicologia sociale applicata allo sport. Il suo lavoro consiste nello studiare alcuni fattori mentali (come quelli connessi all’attenzione, alla concentrazione o alla memoria) e nell’analizzare le motivazioni e le modalità attraverso le quali lo sportivo può apprendere e praticare al meglio una disciplina. Lo psicologo dello sport interviene mediante programmi multidimensionali, cioè studiati ad hoc per singoli individui o per l’intera squadra. Ma allo stesso tempo è un coach e provvede a sua volta a formare i coach per l’allenamento delle abilità mentali (mental training sportivo), indispensabili per migliorare le performance e avere risultati sportivi.

Questi appena descritti sono i classici sintomi a cui vanno incontro il corpo e la mente quando si ha un “eccesso di attivazione” al di fuori della prestazione in sé. Per rimediare a tutto ciò hai semplicemente bisogno di imparare alcune tecniche mentali e corporee e metterle in pratica: ti permetteranno di mantenere la tua attenzione sempre concentrata sul compito che devi portare a termine e faranno sì che tu non disperda energie quando non è necessario.

Almeno 5 settimane, che corrispondono a una fase di allenamento tecnico e fisico. Il nostro cervello ha infatti bisogno come minimo di 28 giorni per prendere confidenza con un nuovo apprendimento e trasformarlo in una normale abitudine.

È naturale: in allenamento non avverti la pressione e gli stimoli tipici del contesto di gara. La paura di deludere le aspettative delle figure per te più importanti (famigliari, amici ecc.) ti porta a concentrarti su pensieri inutili e dispersivi che ti distolgono dall’obiettivo. Per farti un esempio, potresti paragonare la tua attenzione a una videocamera. In questo caso è una videocamera che spazia qua e là senza un’inquadratura fissa, concentrandosi ora sul contesto generale (la gara in sé) ora sulle tue preoccupazioni (che hanno a che fare con il risultato). L’uso di tecniche corporee e mentali, concepite in un’ottica di crescita continua (mental coaching), ti renderà padrone delle tue potenzialità e ti farà rimediare a ogni situazione di stallo. Scoprirai allora come è facile rimanere concentrato su di te senza perdere di vista il bersaglio!

Bisogna capire se parliamo di prestazione o di relazione. La prestazione genera delle aspettative e quindi scatena una dose supplementare di ansia. Invece per sua natura la relazione implica una dimensione stabile, dunque può fornire un valido supporto affettivo oltre a un appagamento fisico. La relazione rigenera e dà benessere, ma la cosa più importante è che calma ogni tensione che si accumula prima della gara.

Riepilogando… in prospettiva di una competizione sportiva, sì a relazioni, no a prestazioni occasionali!

A essere sinceri no… Se ti capita di tremare significa che vivi quel momento in un profondo stato di tensione mentale e fisica. Da cosa dipende? Be’, dal fatto che la tua attenzione non è selettiva ma si disperde all’interno e all’esterno di te. Per essere ottimale la tua capacità di attenzione dovrebbe essere più mirata e rifarsi al movimento di uno zoom fotografico, che partendo da un campo visuale molto ampio lo restringe fino a concentrarsi su dettagli via via più piccoli. Lo schema da seguire è questo: dall’ampio interno, che serve a valutare la situazione che ti vede protagonista (portiere, porta, strategie di tiro), si passa al ristretto esterno (ossia porta/portiere) per giungere al ristretto interno (scelta del tiro e respirazione, infine tiro). Solo così potrai sfruttare in modo equilibrato e razionale la tua capacità di attenzione e migliorare la qualità della performance.

Sono le tipiche situazioni in cui il tuo pensiero rimane fisso sul punteggio appena conseguito. Il continuo rimuginare attiva un “self-talk” (il flusso dei pensieri interni) poco produttivo, anzi, del tutto controproducente, che ti distrae dal tuo impegno e ti fa perdere punti preziosi. La tensione mentale si trasforma così in tensione a livello muscolare (è il caso del “braccino”, quei crampi che avverti e che ti bloccano nei movimenti, oppure il nervoso che ti sorprende), per cui la paura di sbagliare ti schiaccia con conseguente caduta della performance. Ma il nostro cervello ha bisogno di indicazioni chiare per sapere cosa fare! E questo richiede una buona dose di disciplina mentale e training psicologico, cui puoi arrivare solo attraverso una specifica preparazione. Una preparazione del tutto simile all’allenamento tecnico e fisico.

Se senti di non avere un adeguato livello di energia, quando invece dovresti essere molto reattivo, ti consiglio di “svegliare” il tuo corpo. Che significa? Semplicemente reagire a livello di fisico. Prova a muoverti, fai qualche saltello per aumentare la frequenza cardiaca, datti una scossa, riattiva il tuo organismo e… perché no? se hai qualche pezzo musicale che ti appassiona particolarmente e ti dà la carica, inizia a canticchiarlo.

Occorre far capire che gli errori sono prima di tutto un’opportunità per migliorarsi. Ma per far propria questa idea bisogna avere l’umiltà di ammettere i propri limiti e riconsiderare quanto si è fatto fino a questo momento. Aiutali perciò ad analizzare e a commentare anche le prestazioni meno buone. Sarà l’occasione per un esame di coscienza, per riappropriarsi di se stessi e accrescere le competenze. Si renderanno conto che sono proprio i risultati negativi a offrire le più inaspettate possibilità di crescita.

È un aspetto che riguarda l’ansia cognitiva. Proporrei un intervento a più ampio raggio, lavorando sul fronte della motivazione e dell’attenzione. Una volta che hai superato questa fase preliminare, sarai pronto per allenare la concentrazione.

È probabile che nelle competizioni “facili” tu corra il rischio di annoiarti. Il risultato per te è talmente scontato che ti viene a mancare quella giusta dose di sfida, passione e curiosità che rappresentano lo stimolo indispensabile. Ma nelle gare importanti, che presuppongono un impegno maggiore, la situazione cambia radicalmente: in quel caso l’attenzione e la concentrazione sono al massimo, hai il giusto livello di attivazione, quindi sei pronto a impegnarti nella prestazione con ogni energia fisica e ogni risorsa mentale.

In allenamento le tue priorità sono due: dare il meglio di te e mettere in luce ogni tua capacità, ogni tua risorsa. In un secondo momento inizia a riflettere sul perché non ti passano la palla. Partendo dal presupposto che tra i requisiti di un’attività sportiva devono esserci lealtà e generosità, cerca di capire se si tratta, da parte loro, di una motivazione tecnica legata agli schemi del gioco oppure se a monte ci sono ragioni di natura personale nei tuoi confronti.

Cerca di parlargli per smorzare la tensione e poter dar vita a un dialogo costruttivo. L’attenzione per l’altro è uno dei valori etici di base di ogni attività sportiva, come la lealtà e la correttezza dei rapporti. Devi prima di tutto approfondire le ragioni di un simile comportamento. Per cui chiediti da cosa dipende questa mancata empatia e perché non c’è complicità, come invece dovrebbe esserci tra coloro che praticano una stessa disciplina sportiva e operano in team.

 

Prosegui con lo stesso impegno che hai dimostrato finora cercando di dare sempre il massimo. Sul comportamento dell’allenatore non dovresti porti troppi problemi: senza dubbio sa quello che sta facendo.

Non sempre si può mantenere la concentrazione ad alti livelli e, soprattutto, per lunghi periodi, quindi è normale che tu non sia concentrato per tutto il tempo della competizione. Potresti però imparare a modulare la concentrazione in base alle esigenze, “attivandola” nei momenti più decisivi e “abbassandola” quando occorre meno.

No, anzi… È una situazione del tutto normale: hai soltanto descritto quello che la psicologia chiama “flow” o “flusso”, e non è altro che lo stato mentale/emotivo/fisico che vive chi dà il meglio di sé, lontano dal mondo esterno e dai pensieri interni, quando è totalmente concentrato sul proprio compito ed è teso a conseguire un obiettivo.

Bisogna capire che ti è successo nelle settimane precedenti, per riconoscere i fattori cognitivi ed emotivi all’origine di questo blocco. Solo così si può individuare il programma di psicologia dello sport (mental training sportivo) che meglio si adatta a te. Alcuni di questi possono essere: la gestione dei pensieri interni (ad esempio, che cosa ti dici mentre stai preparando il salto?), il rafforzamento dello schema motorio interno, ma anche la consapevolezza del corpo attraverso utili esercizi di imagery (le rappresentazioni mentali), tecniche di rilassamento e tanto altro ancora…

Come consiglio preliminare ti suggerisco di ricostruire, anche da un punto di vista mentale, la sequenza di passaggi in cui si svolge la gara. Probabilmente ti accorgerai, con il necessario supporto di uno psicologo dello sport, che nel momento in cui senti “tirare il freno” scatta qualcosa nella tua mente. A questo punto, come valutare la sensazione di fatica? È indubbio che i pensieri interni, legati a percezioni non solo interne ma anche esterne, possono essere reali fattori di distrazione in grado di influenzare negativamente la prestazione. Attraverso un adeguato percorso di mental training sportivo riuscirai a essere consapevole di quel momento di stress e imparerai a gestirlo con la giusta forza psichica ed emotiva per non esserne più sopraffatto.

No, lo psicologo dello sport è una figura professionale con una visione a 360 gradi sul “sistema sport”. Il suo campo d’azione è molto ampio, ma nello specifico le sue attività consistono nel: riorganizzare le società sportive e gli interventi necessari per migliorare la comunicazione interna/esterna di ogni team; formare gli istruttori delle scuole di sport; curare il rapporto con i genitori e i giovani sportivi; praticare il mental training per gli atleti di ogni età; attivarsi per migliorare la coesione e il gioco di squadra (team coaching); infine, last but not least, sostenere i valori etici veicolati dallo sport in una prospettiva di cambiamento e crescita personale continua.

In genere l’avere sonno prima di una gara è una spia significativa: segnala che l’attivazione fisica è insufficiente. In pratica è come se il tuo corpo non fosse pronto a dare il massimo nella performance o viaggiasse a velocità ridotta. A questo punto devi prima di tutto lavorare sul tuo livello di attivazione per capire qual è la soglia ottimale che ti fa affrontare la competizione con la giusta dose di tensione. Solo allora potrai imparare una serie di tecniche specifiche per “tarare” questo livello. Devi inoltre fare una attenta valutazione dei tuoi stimoli, soffermandoti in particolare su come riesci a recuperare dopo l’allenamento pre-gara e come ti prepari prima di entrare nella gara vera e propria.

Potrebbe trattarsi del cosiddetto “overtraining”, una condizione che dipende da un’attività fisica così intensa e sostenuta da non consentire più all’organismo di smaltire la fatica degli allenamenti nei normali tempi di recupero. È una condizione che riguarda più aspetti (fisici, comportamentali ed emotivi) e determina il peggioramento della prestazione. Per rimediare a questo stallo devi tenere presente che un fattore fondamentale è la programmazione del recupero. Rispettare il proprio fabbisogno di sonno, seguire una giusta alimentazione, utilizzare tecniche di rilassamento di natura psicofisiologica (come ad esempio il training autogeno) sono attività che possono aiutare a prevenire l’eccesso di tensione emotiva. In questo caso va però detto che la sensibilità dell’allenatore e dell’atleta stesso nel cogliere alcuni segnali resta un elemento fondamentale.

Si può lavorare su due livelli: sul corpo, imparando a gestire le reazioni fisiologiche dell’ansia mediante un’adeguata strategia di rilassamento e di presenza mentale (in pratica, direzionare l’attenzione verso la realtà che ci circonda); ma anche sulla mente, immaginando scenari alternativi costruiti ad hoc e con un esito positivo (imagery). In questo caso tutto si gioca con il potere della visualizzazione, da apprendere grazie al sostegno di uno psicologo dello sport. Come secondo passo si deve arrivare al “decondizionamento graduale”, in altre parole innescare quel processo che porta a estinguere o a rimodulare diversamente uno specifico comportamento.

Non necessariamente. Autorevolezza non significa certo mostrarsi autoritari. In genere una buona leadership deve adattarsi al contesto, ma il tutto passa per forza attraverso alcune variabili quali l’intelligenza emotiva e la coerenza comunicativa. Più in dettaglio,l’intervento di uno psicologo può contribuire a individuare lo stile più efficace al tipo di squadra in questione, per un percorso di supporto e formazione che questa volta abbia come protagonista l’allenatore.

Si può lavorare su questo aspetto importante grazie a un adeguato mental training sportivo che si concentri sul dialogo interiore, sulla natura dei pensieri e sulla capacità di staccarsi in modo funzionale da essi, ricorrendo ad adeguate tecniche di rilassamento e di focus mentale.

Se si escludono altre cause di natura fisica, può accadere che l’ansia del pre-partita – ansia in tal caso somatica – agisca sul corpo “bloccando le gambe”. A questo punto è necessaria una preparazione mentale che preveda tecniche di rilassamento e visualizzazione pre-partita.

Qui abbiamo a che fare con una forma di attenzione, da parte tua, troppo fluttuante, per giunta tutta rivolta all’esterno. Occorre invece che tu lavori di più sulle tue convinzioni e motivazioni di atleta – con un occhio di riguardo all’autoefficacia – per ridurre le aspettative esterne degli altri e giungere a formulare obiettivi chiari, realistici, ma soprattutto “tuoi”.

Il lavoro psicologico è indispensabile per il recupero da infortunio: grazie a tecniche specifiche si possono diminuire la tensione e la paura che spesso accompagnano un atleta infortunato al suo rientro in attività. Stiamo parlando sia delle tecniche di visualizzazione (imagery) che fanno leva sugli aspetti mentali, sia delle tecniche di respirazione e rilassamento: queste ultime agendo sul corpo provocano una immediata diminuzione dello stress.

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